Suona la campanella: è già pronto un altro paiolo e la fila di gente con le terrine bianche in mano avanza verso il banco della distribuzione, dove due solerti dispensatori le riempiranno di ‘bigoi’ colorati dal sugo e profumanti di sarde e acciughe.

Lo stand, davanti al Municipio, è intitolato a Tazio Nuvolari. È un modo per esternare la vocazione casteldariese a seguire con impegno e passione lo sport automobilistico.

1992
A immortalare la Bigolada, secondo la loro visione poetica, ci saranno gli artisti del GIMN (Gruppo Itinerante Murales Naif) che dipingeranno, proprio sotto al municipio, un grande quadro di due metri per tre raffigurante un enorme scolapasta colmo di spaghetti con sopra il palazzo municipale e sotto i cuochi intenti a lavorare attorno ai paioli.

1988
Ai bambini viene affidato il compito di disegnare una cartolina postale che, già affrancata e indirizzata alla Pro Loco di Castel d’Ario, sarà appesa ad un palloncino colorato gonfiato con l’elio. Tutti i palloncini saranno liberati nel pomeriggio della Bigolada e dagli scaloni del municipio, dov’erano legati, voleranno verso una destinazione ignota. Chi li troverà potrà rispedire la cartolina, compilando solo la parte del mittente, e sarà il seme di un’amicizia che può nascere con uno scolaro di Castel d’Ario e il segno di aver saputo di una festa particolare che si svolge il primo giorno di Quaresima in un estremo angolo di Lombardia.

Ritornano nel 1985 polenta, ‘scopeton’ e vino, così come fu in origine. Lo ‘scopeton’ o ‘cospeton’ come dicono i mantovani, è il maschio dell’aringa; aggiunti ai bigoli, rendono il piatto più saporito.

1981

1979
“Quando nove anni fa venni a Castel d’Ario per non urtare la tradizione popolare che non investiva soltanto il paese ma tutta la provincia, spostammo il primo giorno di Quaresima al giovedì. Poi visto di che cosa si trattava e cioè di una festa popolare radicata nella mentalità e nel costume della gente senza alcuna irriverenza per la liturgia, il Vescovo ci autorizzò a celebrare la Quaresima la domenica successiva”.
La Gazzetta di Mantova, 1979